L’ex gasometro di Campi è da mesi al centro di una disputa fra chi vuole abbatterlo e chi vuole salvarlo.

I più vogliono demolirlo, ma secondo alcuni l’impianto di Campi sarebbe l’unica testimonianza in Liguria dell’era del gas. Tanto che la società del gruppo Iren che ne è proprietaria, Ireti, aveva avviato un piano di demolizione, che è stato sospeso, e la questione arriverà sul tavolo del Ministero dei Beni Culturali.

Francamente mi chiedo di che cosa stiamo ancora parlando. Il gasometro è pericolante, e rischia di mettere a repentaglio i passanti e gli automobilisti. L’esperienza del ponte Morandi non ci ha insegnato nulla? Dobbiamo tenere un elemento di pericolo sul nostro territorio?

Fanno poi francamente sorridere quanti non esitano a togliere i vincoli a palazzi storici ottocenteschi come l’ospedale della Duchessa di Galliera, e ora vogliono conservare un manufatto di archeologia industriale pericoloso?

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E poi è orrendo. E’ un tipico esempio di scempio del paesaggio Ligure, posto in essere dai soliti avvoltoi. Un caso di abbandono industriale del tutto inutile, che tra l’altro a fianco del nuovo ponte San Giorgio stona terribilmente. Potremmo definirlo quasi un monumento all’insensatezza. Perché dovremmo mantenerlo? La riqualificazione della zona di Certosa passa sicuramente attraverso un miglioramento estetico e ad un’integrazione con l’ambiente naturale troppo a lungo bistrattato.

Abbattiamo questo inutile manufatto fatiscente.

In una regione come la Liguria, stracolma di bellezze naturali e paesaggistiche, nonché di testimonianze storiche, non abbiamo certo bisogno di ergere un lurido gasometro di cemento a meraviglia della Regione. Come se alle Hawaii considerassero dei piloni di cemento come una risorsa da preservare.

Giù il gasometro di Campi, al più presto.